Finzioni



Le riflessioni di una decade sui grandi interrogativi dell’uomo. La fantasia è strumento della razionalità. La filosofia filo conduttore fra tutti i racconti. Fra le due raccolte si avverte la necessità comunicativa, come se l’autore fosse ancora alla ricerca di una angolatura soddisfacente, di una remota e definitiva conclusione. I racconti contenuti ne “Il giardino dei sentieri che si biforcano” diventano archivio, ispirazione specchio dei successivi “Artifici”.  Si avverte il logorio. Le domande restano inevase, le tematiche continuano a rincorrersi. L’esigenza di pensare, di pensarci; di scrivere, di scriverne ancora. Alcune citazioni, tratte rispettivamente da entrambe le raccolte, a dimostrazione.

La vita dell’uomo
Tutti gli uomini, nel vertiginoso istante del coito, sono lo stesso uomo. Tutti gli uomini che ripetono un verso di Shakespeare sono William Shakespeare.
Ciò che fa un uomo, è come se lo facessero tutti gli uomini. Per questo non è ingiusto che una disobbedienza in un giardino contamini il genere umano; per questo non è ingiusto che la crocifissione di un solo giudeo basti a salvarlo. Forse Schopenhauer ha ragione; io sono gli altri, ogni uomo è tutti gli uomini, Shakespeare è in qualche modo il miserabile John Vincent Moon.
Non essere un uomo, essere la proiezione del sogno di un altr’uomo: che umiliazione incomparabile.
L’esecutore di un’impresa atroce immagini d’averla già compiuta, s’imponga un futuro che sia irrevocabile come il passato.
Il fatto è che viviamo ritardando tutto il ritardabile; forse sappiamo tutti profondamente che siamo immortali e che, presto o tardi, ogni uomo farà tutte le cose e saprà tutto.

Il nazismo
Dieci anni fa, bastava una qualunque simmetria con apparenza di ordine – il materialismo dialettico, l’antisemitismo, il nazismo – per mandare in estasi la gente. Come, allora, non sottomettersi a Tlon, alla vostra minuziosa evidenza di un pianeta ordinato. Inutile rispondere che anche la realtà è ordinata. Sarà magari ordinata, ma secondo leggi divine – traduco: inumane – che non finiamo mai di scoprire.
Non poté negare nessuna delle accuse della Gestapo: il suo nome materno era Jaroslavski, il suo sangue era ebreo, il suo saggio su Boehme ebraizzante, la sua firma allungava una lista di firme sotto una protesta contro l’Anschluss.

La scrittura. I lettori. Le biblioteche. I libri.
La storia dell’Universo (…) è la scrittura che produce un dio subalterno per intendersi con un demonio.
Quain soleva ripetere che i lettori sono una specie ormai estinta. “Non v’è europeo, - ragionava – che non sia uno scrittore, in potenza o in atto”. Affermava anche che, tra le diverse felicità che può procurare la letteratura, la più alta è l’invenzione.
 A parte alcune amicizie e molte abitudini, il problematico esercizio della lettura era tutta la sua vita; come ogni scrittore, misurava le virtù degli altri dalle loro opere, e chiedeva che gli altri misurassero lui dalle intenzioni e illuminazioni.
So d’una regione barbarica i cui bibliotecari ripudiano la superstizione e vana abitudine di cercare un senso nei libri, e la paragonano a quella di cercare un senso nei sogni o nelle linee caotiche della mano.
M’inganneranno, forse, la vecchiezza e il timore, ma sospetto che la specie umana – l’unica – stia per estinguersi, e che la Biblioteca perdurerà: illuminata, solitaria, infinita, perfettamente immobile, armata di volumi preziosi, inutili, incorruttibile segreta. Aggiungo: infinita.
Omettere sempre una parola, ricorrere a metafore inette e a perifrasi evidenti, è forse il modo più enfatico di indicarla.

Dio.
Queste notazioni vorrebbero introdurre un Dio unitario che s’accomoda delle diseguaglianze degli uomini. L’idea a mio parere è poco stimolante. Non dirò lo stesso d’un’altra idea, o congettura: quella che lo stesso Onnipotente sia in cerca di Qualcuno, e questo Qualcuno di Qualcun Altro superiore (o comunque imprescindibile, anche se uguale), e così di seguito fino alla Fine – o meglio, al Senza-fine – del Tempo, o in forma ciclica.
Nessuno può articolare una sillaba che non sia piena di tenerezze e di terrori; che non sia, in alcuno di quei linguaggi, il nome poderoso di dio. Parlare è incorrere in tautologie.


I sogni
Comprese che l’impegno di modellare la materia incoerente e vertiginosa di cui si compongono i sogni è il più arduo che possa assumere un uomo, anche se penetri tutti gli enigmi dell’ordine superiore e dell’inferiore: molto più arduo che tessere una corda di sabbia o monetare il vento senza volto.
Ricordò che i sogni degli uomini appartengono a Dio e che Maimonide ha scritto che le parole di un sogno, quando suonano chiare e distinte, e non si può vedere chi le ha dette, sono divine.

La morte. La paura.
In una camera di bronzo, davanti al laccio silenzioso dello strangolatore, ho avuto speranza; nel fiume dei piaceri, paura.
Non è ridicolo che il caso detti la morte di qualcuno e che le circostanze di questa morte – pubblica o segreta, immediata o ritardata d’un secolo – non siano anch’esse soggette al caso?
Invano si ripetè che il tremendo era l’atto puro e generale del morire, non le circostanze concrete.

La filosofia
I metafisici di Tlon non cercano la verità e neppure la verosimiglianza, ma la sorpresa. Giudicano la metafisica un ramo della letteratura fantastica.
Il fatto che ogni filosofia non possa essere, in partenza, che un gioco dialettico, una Philisophie des Als Ob, ha contribuito a moltiplicarle.
Non v’è esercizio intellettuale che non sia finalmente inutile. Una dottrina filosofica è al principio una descrizione verosimile dell’universo; passano gli anni, ed è un semplice capitolo - quando non un paragrafo o un nome – della storia della filosofia.


Fra i racconti migliori Tlon, Uqbar, Orbis Tertius, La Biblioteca di Babele, Il giardino dei sentieri che si biforcano, Funes, o della memoria, La forma della spada, Il miracolo segreto, Tre versioni di Giuda.



Finzioni
Jorge Luis Borges 

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